
Conversazione con Daniele Nannuzzi:
settant’anni di AIC!
a cura di Gerry Guida
Lei, tra i più noti cinematographers del nostro cinema, è l’attuale Presidente dell’AIC- Autori Italiani della Cinematografia- tra le più importanti e storiche Associazioni Cinematografiche al mondo. Proprio quest’anno l’AIC taglia un traguardo significativo: settant’anni dalla fondazione, avvenuta il 13 maggio del 1950.
Esatto, un traguardo storico, che ci riempie d’orgoglio. Come ha ricordato, era il 13 maggio del 1950 quando nove “Cineoperatori”, così venivano identificati inizialmente gli Autori della Cinematografia, costituirono l’AIC, acronimo che allora stava a significare Associazione Italiana Cineoperatori. I padri fondatori furono: Mario Albertelli, Leonida Barboni, Mario Bava, Anchise Brizzi, Mario Craveri, Mario Damicelli, Renato Del Frate, Tonino Delli Colli, Arturo Gallea, Aldo Giordani, Giuseppe La Torre, Rodolfo Lombardi, Otello Martelli, Carlo Montuori, Sergio Pesce, Gabor Pogany, Piero Portalupi, Fernando Risi, Tino Santoni, Domenico Scala, Vincenzo Seratrice e Aldo Tonti. Allora, a differenza di oggi, facevano parte dell’Associazione anche gli operatori di macchina e gli assistenti. Dal 1953 quindi l’AIC cominciò a produrre un Bollettino Tecnico dove i “Cineoperatori” si potevano aggiornare sulle ultime tecniche applicate alle riprese cinematografiche che in quegli anni erano in pieno sviluppo. In ogni Bollettino Tecnico inoltre appariva sempre una tabella riassuntiva di tutti i film in lavorazione cinematografati dai Soci. Oggi l’Associazione fa parte della Federazione Internazionale - IMAGO - che conta oltre 54 Paesi di tutto il mondo - fondata negli anni ’90, il 13 dicembre del 1992 per l’esattezza, su intuizione dell’allora Presidente AIC Luciano Tovoli.
All’interno della vostra sede (presso gli Studi di Cinecittà di Roma) è presente un prestigioso Museo: come nasce e cosa ospita precisamente?
Dalla storica sede della Galleria Masse, dopo sessantacinque anni, la nostra Sede è stata trasferita all’interno della palazzina del Digital Factory, dove occupiamo quasi tutto il secondo piano. Qui si è avverato il mio sogno: quello di creare un vero e proprio Museo delle Macchine da presa d’epoca, esponendo finalmente, e nella giusta e meritata cornice, quel patrimonio di Cineprese d’epoca provenienti da tutto il mondo che l’AIC aveva collezionato da cinquant’anni a questa parte. La preziosa collezione vanta dei pezzi veramente rari, risalenti all’inizio del secolo scorso. Cineprese che potrebbero ancora funzionare sono esposte sui loro treppiedi originali, circondate dalle loro casse di pelle contenenti gli accessori e le loro lenti…un piccolo Tempio dove si possono ammirare le Signore che hanno fatto la storia del Cinema Italiano. La macchina più antica risale al 1908 ed è una DEBRIE PARVO realizzata completamente in legno e meccanismo in ottone e trascinamento a manovella, ancora perfettamente funzionante. Tra i pezzi più pregiati quindi conserviamo una PATHÉ del 1913 e una GAUMONT del 1915, una delle macchine da presa più usate da Cecile B. De Mille. Ma l’orgoglio della collezione è la famosa TECHNICOLOR THREE STRIP del 1935: unica in Europa.
Dal 2013 il MicroSalon ideato e organizzato dall’AIC, e diretto magistralmente da lei e Simone Marra, rappresenta una sorta di vetrina per quello che riguarda le nuove tecnologie per il mondo del cineaudiovisivo, con le proposte più innovative e performanti per la produzione cinematografica e televisiva. L’Edizione di quest’anno (la VIII), che si sarebbe dovuta svolgere dal 15 al 17 marzo, è stata rinviata a causa della pandemia. Cosa può dirci a riguardo?
La prima Edizione si svolse negli studi di Cinecittà: negli anni il MicroSalon è cresciuto in maniera esponenziale, la scorsa Edizione abbiamo registrato un’affluenza record. Per tutti noi dell’AIC è motivo di grande orgoglio: siamo gli unici ad organizzare in Italia un’esposizione così importante e vasta in ambito Cinematografico e Audiovisivo in generale. Purtroppo, quest’anno, abbiamo dovuto rimandare l’ottava edizione che si sarebbe dovuta svolgere a marzo. In un primo momento si è pensato di rimandarla a maggio, ma date le circostanze, siamo costretti a pensare, come ultima possibilità a ottobre, sperando che gli espositori siano pronti a scendere di nuovo in campo e che tutto quello che sta succedendo diventi solo un brutto ricordo.
Può elencarci alcune delle vostre attività?
Oltre ad organizzare e allestire il MicroSalon, di cui abbiamo appena parlato, siamo molto attivi per ciò che concerne la promozione della Cinematografia: convegni, piccole produzioni video sperimentali, presentazioni tecniche, proiezioni, workshop, masterclass. La nostra Associazione negli anni ha anche editato 18 volumi, raccolti in una collana dal titolo “Storia del Cinema Italiano attraverso gli occhi degli Autori della Fotografia Cinematografica”, consultabili sul nostro sito dove è possibile scaricarli in PDF. La rivista Tutto Digitale ci ha dedicato un inserto riservato alla cinematografia professionale col titolo “Italian Cinematographers”. Prima dello scoppio della pandemia, stavamo lavorando inoltre al progetto di una rivista ufficiale AIC.
Dopo settant’anni, qual è la mission dell’AIC, oggi?
Accogliere nuovi giovani Autori della Fotografia e mettere a loro disposizione la nostra esperienza e il nostro know-how. Un’Associazione storica come la nostra, deve guardare al futuro e alle nuove tecnologie, ma deve, allo stesso tempo, anche mantenere salde e valorizzare, le nostre radici culturali e artistiche: molti dei nostri Soci hanno illuminato tra le pagine più importanti del cinema internazionale, ed è nostro dovere promuovere e preservare il loro magnifico lavoro. L’Associazione inoltre sta lottando da anni, mantenendo incessantemente contatti con avvocati e autorità comunitarie, per ottenere il riconoscimento del Diritto D’Autore per gli Autori della Cinematografia.
Concludendo: secondo il suo parere, in che modo l’Industria Cinematografica, uno dei settori più colpiti a livello economico dall’emergenza del COVID-19, come del resto tutto il comparto culturale, potrà riprendere la sua consueta attività produttiva?
Purtroppo, penso che sia impossibile ricominciare a fare cinema con le restrizioni in atto. Non ci sarà nessuna compagnia che potrà assicurare la troupe contro il Coronavirus. Cosa succederebbe, se a metà lavorazione di un film, un componente della troupe risultasse positivo? Si metterebbe tutta la troupe in quarantena? Sono troppe le variabili in termini assicurativi, di privacy, logistiche o semplicemente di gestione del cast, per non parlare dell’obbligo di indossare mascherine o della somministrazione di tamponi e test sierologici. Secondo me, o si ricomincia con un protocollo plausibile, oppure bisognerà attendere un vaccino che ci metta al sicuro da questa immane tragedia.